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LA RICERCA DELLA VERA FEDE - THE SEARCH OF TRUE FAITH

Considerazioni sull’enciclica “Laudato si’” (2015)

Autore. Antonello La Vergata, Atti Soc. Nat. Mat. Modena
148 (2017)

https://core.ac.uk/download/pdf/153482678.pdf

Riassunto e conclusioni

L’enciclica è un documento importante, che si spera dia una scossa a un mondo cattolico spesso disattento, torpido, noncurante di questioni vitali. È ispirata da intenti che non possono non incontrare il consenso di chi ha a cuore
l’ambiente e la qualità della vita. L’appello di Francesco sarà accolto con favore anche da molti che dissentono su punti particolari: in guerra un alleato così importante è benvenuto, poiché l’importanza della causa fa passare in secondo
piano, per il momento, le diverse motivazioni della lotta. Ma le divergenze restano, e i nodi prima o poi vengono al pettine.
Francesco ha assolutamente ragione quando afferma che le questioni ambientali non possono essere separate da quelle della giustizia globale e del rispetto dell’uomo per l’uomo. È questa la più importante, impegnativa e, mi si consenta, polemica novità dell’enciclica. Credo che si debba soprattutto al contributo degli episcopati del cosiddetto Terzo Mondo, in particolare dell’America meridionale, dove non a caso fiorì la teologia della liberazione.
Tuttavia, una cosa è la giustezza del monito, un’altra i modi di metterlo in pratica. Le indicazioni contenute nell’enciclica sono – ripeto – vaghe e generiche (**), talora contraddittorie, anche perché il testo, steso a più mani, tenta di
dire tutto su tutto (c’è anche, nei §§ 120 e 123, la rituale condanna dell’aborto e dello «scarto di bambini [?] perché non rispondono al desiderio dei loro genitori», ma, interessante omissione, silenzio assoluto sulla questione, vitale in tante parti del mondo povero, della sovrappopolazione e del controllo delle nascite).
Le ambiguità derivano dal tentativo di tenere insieme cose inconciliabili (diversità delle istanze e unicità della verità cristiana, olismo ecologico e primato dell’uomo, pluralità dei valori intrinseci e loro gerarchia) e dalla nozione di natura che è implicita in tutta la trattazione ed è, mi si perdoni la franchezza, superficiale.
Francesco propone una risposta ai problemi dell’ambiente che passa soprattutto per l’educazione (come non essere d’accordo?) ed è sostanzialmente etica; auspica la formazione di una «spiritualità ecologica», nella convinzione
che, «se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea» (§ 11). Ma qualche laico malizioso potrebbe vedere in queste ultime parole una pia illusione, se non addirittura una sopravvivenza di quello che l’antropologo Ernesto De Martino chiamava «pensiero magico» (De Martino, 1948) e altri «credenza nell’onnipotenza dei
pensieri»: pensare una cosa è di per sé realizzarla, e le parole sono esorcismi.
Purtroppo, non basta mettersi in testa un diverso cappello pensatore, ancorché foggiato su istruzioni divine, per cambiare le cose. Non basta evocare la necessità del «dialogo» perché questo avvenga. Senza contare che anche l’ateo più impenitente e il materialista più gretto possono ben sentirsi intimamente «uniti a tutto ciò che esiste» e comportarsi nel modo più sobrio, misurato, benefico,
ecologico.
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(**) Due esempi basteranno: «la cura del mondo deve essere flessibile e dinamica» (§ 144); «non si tratta di distruggere [?!] e di creare nuove città ipoteticamente più ecologiche, dove non sempre risulta desiderabile
vivere», ma di «integrare la storia, la cultura e l’architettura [tutta?] di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale» (§ 143). Frasi come queste sanno di compitino da studente zelante o di direttive del
MIUR. Sull’affascinante vacuità della parola “originale” basti dire che se certi papi non avessero usato con disinvoltura resti dell’antica Roma oggi non avremmo monumenti splendidi, a cominciare da San Pietro. Come disse un anticipatore del concetto espresso nella seconda delle frasi citate sopra, quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini.


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