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LA RICERCA DELLA VERA FEDE - THE SEARCH OF TRUE FAITH

LA PERDITA DI OGNI AFFIDABILITA’ DELLA PAROLA DI DIO E LA QUESTIONE GAY (*)

Radio Domina Nostra: Autore don Alessandro Minutella (postato da Max Tex)

Da quando, a partire dal falso Conclave del 2013, con l’elezione invalida (e pertanto nulla) del cardinale Bergoglio, è nato il “monstrum” della falsa chiesa, “corpo mistico dell’anticristo” (mons. Scheen), le questioni morali inalienabili che caratterizzano l’identità cattolica sono state sottoposte a un lento processo di disgregazione. Tra queste, una delle più delicate e decisive, è la questione gay, cioè l’approccio dogmatico e pastorale nei confronti del mondo omosessuale. Ed era ovvio che una delle prime questioni, se non addirittura la vera questione, fosse quella proprio del nuovo corso cattolico di fronte al mondo gay.
Resterà storica la frase di Bergoglio nel 2014: “chi sono io per giudicare un gay?“.Bergoglio – che non esiste come papa Francesco, perché eletto con l’imbroglio –, capo di una congregazione mondiale che finge di chiamarsi ancora Chiesa cattolica e che invece è una multinazionale della menzogna, che guida (dietro l’occulta regia dei poteri forti) il definitivo cambiamento del cattolicesimo romano, sta attuando l’agenda dell’apparente restyling della Chiesa, spalleggiato da figure di presuli e teologi o di preti noti in tv, che intervengono, ora qui ora là, per accreditare la nuova visione della Chiesa circa le unioni gay.
Dal celebre quanto bizzarro gesuita James Martin al cardinale americano Joseph William Tobin, per giungere al noto volto televisivo di don Mauro Leonardi, che vanta l’appartenenza nientemeno che all’Opus Dei, per finire con il ridicolo vescovo Galantino, è un coro unanime che decanta – non si sa bene finora con quale dichiarazione normativa – che l’unione gay non è più un peccato, anzi!
C’è persino un’intera Conferenza di vescovi, quella tedesca, capeggiata dal cardinale Marx, che – con qualche eccezione – pressa Roma per rivendicare il primato storico della benedizione delle unioni gay. “Roma delenda est”, sembra esser stato detto al cardinale argentino, quando ha avuto l’audacia di sedersi da usurpatore sul trono di Pietro, “Roma va distrutta”. La distruzione – questo è il progetto – dovrà avvenire in modo camuffato. Senza spargimento di sangue, senza azioni violente, senza persecuzione aperta, soprattutto senza far capire alle masse che è in atto la più aggressiva campagna di distruzione di Roma e della sua identità.Ora, mentre occorre ribadire che la Chiesa – almeno sul piano ufficiale – non ha fin qui ancora cambiato la propria posizione sulla questione, che chiede rispetto e amore per i gay, ma nello stesso tempo conferma che la loro unione è grave peccato agli occhi di Dio, occorre domandarsi come sia possibile che la falsa chiesa bergogliana, quando legittima le unioni gay, riesca a far filtrare un pensiero che non solo è in contrasto aperto con la tradizione bimillenaria della Chiesa (si leggano i numeri 2357-2359 del CCC), ma persino con la stessa parola di Dio che – come insegna un adagio storico – è “norma normans non normata” (cioè “legge che detta legge e che non può essere cambiata”). Come è possibile che si parli ora di legittimazione dell’unione gay – attenzione ancora dell’unione gay non dell’orientamento (che è un’altra questione) – quando la Scrittura, in diversi testi sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, afferma l’inconciliabilità con la volontà di Dio?
Bergoglio e la falsa chiesa devono per forza accettare che la loro apertura sia in contrasto con la parola di Dio, ma riescono abilmente a risolvere la faccenda, riconducendola agli esiti tragici del metodo storico-critico e dell’approccio scientifico della teologia liberale al testo sacro.
Il modernismo e il neomodernismo hanno trovato un ottimo alleato, proprio nel metodo storico-critico, per spegnere ogni soffio soprannaturale e dogmatico al testo sacro. La Bibbia ha finito col diventare un testo non più sacro e normativo, ma di rilievo, alla maniera del Corano o dei testi induisti. Certo, come ha dimostrato nel frattempo Benedetto XVI, non tutto è da rigettare dell’approccio scientifico, anzi! E tuttavia la propaganda progressista più radicale l’ha assunto per introdurre il più pernicioso relativismo dogmatico.
La Bibbia dice diverse cose, ma vanno ora esaminate nel loro contesto storico e culturale, e così, mentre Dio che ha parlato (perché così insegna persino il Vaticano II) perde ogni rilevanza normativa, Bergoglio e i suoi ne prendono tranquillamente il posto. Essi possono ora indisturbati avanzare nel proporre una nuova visione, e pazienza se è in contrasto con la Bibbia, del resto non c’erano registratori a quei tempi e poi gli autori erano figli del loro tempo! prenderemo dalla Bibbia solo ciò che risponde al nostro progetto, il resto passerà come inconciliabile con la sensibilità di oggi, anche ciò che ha detto Gesù.
La falsa chiesa è intervenuta in questi terribili sette anni sui contenuti fin qui inalienabili perché normati dalla parola di Dio, dall’etica coniugale alla questione gay. E ciò ha potuto farlo perché la Scrittura ha perduto, nel frattempo, ogni rilevanza, tanto che gli stessi circoli progressisti, soprattutto quelli più radicali, accusano di fondamentalismo quanti, nella Chiesa, si appellano ancora alla Bibbia per normare le questioni etiche in auge. Senza accorgersi, peraltro, che i veri fanatici fondamentalisti sono proprio questi membri della sinagoga di satana, che sovvertono la parola di Dio, col pretesto che è un testo antico e perciò irrilevante per l’oggi che si attua. Peggio del diavolo che, a loro confronto, appare ormai un bacchettone, se è vero che nel brano delle tentazioni, cita la Scrittura senza farsi venire l’idea di smentirla.
I suoi partigiani, invece, sono andati oltre, finendo con il sostituire il dato scritturistico normante con il proprio pensiero.
Ieri si è celebrato il cinquantesimo anniversario della morte di don Dolindo Ruotolo (19 novembre 1970), il cui merito – come ho avuto modo di dire – è stato quello di proporre, in aperta antitesi al metodo storico-critico, un approccio che ho definito neo-patristico.
Credo che sia importante considerare questo merito del prete santo di Napoli. Che in realtà, in questo approccio alla Bibbia, è in compagnia, almeno in Italia, di don Divo Barsotti. A livello mondiale, resta la voce profetica e solitaria di von Balthasar, da sempre e da subito, in aperta polemica sia con l’antidogmatismo di Rahner che con il metodo storico-critico e l’approccio modernista al testo sacro. Von Balthasar metteva in guardia dagli esiti cui avrebbe condotto la propaganda liberale e progressista sul testo biblico, intravedendo una neo-chiesa dove si sarebbe alla fine imposto il pensiero del mondo.
Don Dolindo sosteneva ore di preghiera e ancora orante cominciava l’analisi del testo sacro, con un approccio gustoso, sapienziale, spirituale. È questo esattamente il problema, ci tocca salvaguardare, passando ovviamente per fanatici, la normatività intangibile della Bibbia, non certo sugli aspetti geografici, culturali, politici, ma su quelli morali. Come ebbe a dire Galileo, icona dei più radicali progressisti anticattolici, la Bibbia ci insegna “come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo”. Credo che prossimamente ci sarà una battaglia decisiva su questo punto.
Non rinunceremo mai alla normatività morale del testo sacro che, a riguardo della questione gay, nonostante il pifferaio Bergoglio, è ineccepibile.
Non si vuole pensare allo scontro, ci mancherebbe, ma neppure alla capitolazione che troppe realtà cattoliche stanno attuando.
D’altra parte ciò in cui ci impegneremo sarà nel dire al mondo gay che, quando alcuni di noi non rinunceremo al testo sacro che condanna il peccato, non per questo saremo fondamentalisti retrogradi che odiano gli omosessuali. Io non permetterò questo, fronteggerò padre Martin con un gay-friendly sanamente biblico e poi vorrò vedere chi sarà in grado di condannarmi se da prete non rinuncio alla Bibbia.
Ciò, ovviamente, va detto, sempre nel pieno rispetto e nell’amore sincero verso ogni persona gay.
Nei miei anni di ministero pastorale, a contatto con la gente, ho potuto conoscere e stimare non pochi gay, di cui ho apprezzato la sensibilità, la delicatezza, tipica del mondo femminile e che, in un gay, si abbina anche alla capacità di gestione delle cose, ad un’innata brillantezza negli affari. Meritano ogni rispetto, tranne quando – forse non proprio questi ultimi – sfilano nel gay pride che, a dire il vero, è più un herotic pride (infatti i gay seri se ne rimangono a casa).Il contatto con la gente è decisivo. Lo ha mostrato di recente persino Trump che è sceso in piazza tra le folle di Washington. Per questo, concludendo, mi domando preoccupato come monsignor Viganò possa pensare di procedere in qualche cosa rimanendosene distante abissalmente dalla gente, da noi, dal popolo, e continuando invece a parlare dentro la scatola di vetro, felicemente protetto in qualche angolo del mondo. Non è esattamente questo che configura il “grande prelato”. Egli sarà un conforto e una consolazione per i fedeli, che lo vedranno, lo toccheranno, lo sentiranno vicino a loro, egli scenderà in campo senza nascondersi.
Don Minutella

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